Unioni civili, cosa prevede il disegno di legge
Il percorso del Ddl Cirinnà
Nel giugno del 2014, durante l’assemblea nazionale del Partito democratico, Matteo Renzi aveva promesso che a settembre dello stesso anno sarebbe arrivata in Parlamento la proposta dei “democratici” sulle unioni civili. Promessa poi però non mantenuta. Rinvii continui del testo, scontri all’interno della stessa maggioranza di governo e tra maggioranza e opposizioni caratterizzano il percorso della proposta di legge sulle unioni civili, presentato poi alla fine a ottobre scorso in Senato.
Cosa dice il disegno di legge
Per il 26 gennaio è previsto l’arrivo della legge in aula al Senato. Il testo del disegno di legge Cirinnà (che prende il nome dalla relatrice del Ddl) è composto da 23 articoli divisi in due Capi. Il primo Capo, si legge nel testo, «introduce l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale, ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione», mentre con il secondo Capo viene disciplinata «la convivenza di fatto, sia eterosessuale che omosessuale, orientata essenzialmente a recepire nell’ordinamento legislativo le evoluzioni giurisprudenziali già consolidate nell’ambito dei diritti e dei doveri delle coppie conviventi».
Per costituire un’unione civile il Ddl, scrive Massimo Russo su La Stampa, le due persone «devono essere maggiorenni e recarsi di fronte all’ufficiale di stato civile con due testimoni». Mentre non è possibile «quando una delle due persone sia già sposata o abbia un’altra unione; una delle due persone sia interdetta; sussistano rapporti parentela analoghi a quelli che impediscono il matrimonio; una delle due persone sia stata condannata per omicidio del coniuge o di chi sia stato unito civilmente all’altra persona».
L’articolo 3 del Capo I regola i diritti e i doveri derivanti dall’Unione. In particolare la fedeltà, l’assistenza morale e materiale, la coabitazione e la contribuzione ai bisogni comuni.
La step-child adoption è regolamentata dall’articolo 5 del primo Capo. Il testo modifica la legge n.184/1983 (all’articolo 44, comma 1, lettera b) sul diritto del minore a una famiglia. Il Ddl Cirinnà prevede così che una delle due persone può adottare il figlio naturale dell’altra, come avviene per i coniugi (la norma vale solo per le unioni civili e non per la convivenza). La disposizione però non apre alla pratica della maternità surrogata, cioè quando una donna si presta a portare a termine un’intera gravidanza, fino al parto, su commissione di coppie che non possono avere figli, che in Italia resta vietata per legge.
L’articolo 4 (capo I) regolamenta tutti i diritti successori, tra cui la questione delle pensioni di reversibilità, cioè la norma secondo cui al coniuge spetta parte della pensione del partner defunto. La norma vale per le unioni civili, ma non per la convivenza.
Per quanto riguarda la convivenza l’articolo 12 (Capo II) ne disciplina i diritti e i doveri: reciproca assistenza in caso di malattia e ricovero, la possibilità di visite in carcere e di designare l’altro partner come suo rappresentante di pieni poteri in caso di malattia o morte per le decisioni sulla salute, sulla donazione degli organi e sulle disposizioni riguardo i funerali.
Critiche e chi si oppone al Ddl
Critiche al disegno di legge sono arrivate dal Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che, in un’intervista ad Avvenire, ha sostenuto che «la step-child adoption rischia davvero di portare il Paese verso l’utero in affitto, verso il mercimonio più ripugnante che l’uomo abbia saputo inventare. L’utero in affitto deve essere punito con il carcere come i reati sessuali». Sul disegno di legge in discussione, la posizione del Nuovo Centro Destra è chiara, prosegue Alfano: «”Sì” a una legge che preveda specifici e precisi diritti patrimoniali, “no” a qualsiasi assimilazione alla famiglia costituzionale. E soprattutto “no” all’adozione sotto qualsiasi forma. (…) Se l’Italia avrà una legge che consente la step-child alle coppie gay – continua Alfano – il giorno dopo avvieremo una grande raccolta di firme per il referendum abrogativo. E io sarò in prima linea».
Il ministro dell’interno ha inoltre avvertito che l’estensione della reversibilità alle coppie gay costerebbe alle casse dello Stato 40 miliardi di euro. Cifra però smentita dal Ministero delle Finanze, dalla Ragioneria dello Stato che, come scrive Davide Mancino su Wired, prevedono che il costo si aggiri sui «3,7 milioni di euro per il primo anno, in crescita man mano che un numero maggiore di coppie accede alle unioni civili, fino ad arrivare a poco meno di 23 milioni a regime, nel 2025». Numeri compatibili, inoltre, con lo studio dell’Inps, riportato in un articolo de Lavoce.info.
In Parlamento, nella maggioranza di governo oltre ad Alfano, una trentina di senatori del Pd, i cosiddetti catto-dem, si oppongono alla step-child adoption. Tra le opposizioni il tema delle adozioni vede contrari anche Lega e Forza Italia, anche se ci sono distinguo su base personale. Mentre il M5S e Sel si dicono favorevoli.
Antonio Rotelli, della rete Lenford (avvocatura per i diritti Lgbti), scriveva nell’ottobre scorso, su Lgbt News Italia, che nel percorso parlamentare della proposta di legge le modifiche «che correggono in meglio il testo sono poche e marginali, mentre sono evidenti quelle peggiorative». Ad esempio, durante la sua analisi critica dell’intero testo, Rotelli fa notare che continuando a distinguere unioni civili e matrimonio «si è ridotto il rinvio diretto ad articoli del codice civile che riguardano il matrimonio. Ridotto ma non eliminato, perché l’operazione sarebbe quasi impossibile da compiersi per l’identità di disciplina tra i due istituti in molte materie». Una scelta degli articoli non più richiamati «non casuale», continua Rotelli: «Sono stati selezionati quelli che contengono il riferimento alla famiglia, procedendo nell’operazione, anche lessicale, di ostacolare la possibilità che le coppie formate da persone dello stesso sesso siano chiamate, considerate e trattate come famiglie».
La Sentinelle in Piedi hanno organizzato una veglia ininterrotta di preghiera fino al 30 gennaio, giorno in cui sono previsti discussione e voto al Senato. L’obiettivo dichiarato dal gruppo cattolico è quello di chiedere a Dio di fermare il disegno di legge e in particolare la possibilità di adottare il figlio naturale del partner, cavallo di Troia, secondo gli organizzatori della veglia, per normare la maternità surrogata.
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